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Maggio 1978, prima missione: paracadutati in Congo

In quei giorni avevo appena terminato l’anno di addestramento, dopo il mio ingresso in Legione. Un anno trascorso tra preparazione fisica e tecnica militare estrema, quella che non ti insegna come contrastare l’avanzata dell’avversario, ma come fermarlo definitivamente. Avevo da poco compiuto 19 anni.

 

Avevo appena terminato l’anno più duro della mia vita (almeno fino a quel momento), ed avevo ricevuto una licenza premio di tre giorni, la prima dopo più di 350 giorni ininterrotti di preparazione. Non che potessi andarmene chissà dove, avevo già cambiato nome ed il ragazzo che ero stato solo fino a un anno prima non esisteva più. Se mia madre mi avesse incontrato per strada, avrebbe faticato a riconoscermi.

Per trascorrere la mia prima vacanza, ero andato poco distante da Marsiglia, a La Plage, dove c’è un bel mare e dove mi sarei riposato dopo tutte quelle fatiche. Ma fui richiamato con la massima urgenza. Anzi, FUMMO richiamati, in 700 dovemmo convergere in Corsica, a Calvi. Nello Zaire, l’attuale Repubblica democratica del Congo, il governo Francese, il mio datore di lavoro, decise di intervenire per sedare le violenze che si stavano susseguendo a Lubumbashi, la capitale dello Shaba. Alle ore 1.30 del mattino del 18 maggio ricevemmo l’ordine a muoverci. Partimmo in volo da Solenzara alla volta di Kolwezi. Servivano otto ore di volo per atterrare a Kinshasa e quattro di autocolonna per Kolwezi. Il primo contingente di 50 Legionari al quale appartenevo anche io, fu paracadutato in tutta fretta e nel massimo segreto sulla capitale. Se fosse trapelata la minima notizia che 700 legionari erano in arrivo, i miei nuovi connazionali sarebbero stati massacrati.

Certo, paracadutavano i più giovani e relativamente più inesperti. Sacrificabili, direi io.

Durante la discesa fummo bersagliati dalla fucileria ribelle, ma giunti a terra mettemmo tutti a tacere, in qualche modo. Ognuno di noi aveva già gli obiettivi e gli incarichi assegnati e, nonostante un certo disaccordo nelle disposizioni tra i comandi Francese ed Americano, facemmo della Città Vecchia una città aperta. Bonificammo tutte le aree in mano ai ribelli, liberammo gli ostaggi dalle mani dei ribelli e le strade dai numerosissimi cadaveri già in decomposizione per il gran caldo.

Ma quello che definitivamente ridusse al silenzio e all’inoffesività le truppe ribelli, furono le azioni del mio reparto, il II reparto di Legionari paracadutisti al comando del Colonnello Vecchione: noi a piedi e loro con due veicoli corazzati ci affrontammo in una lotta impari ma avemmo la meglio. Io c’ero. I ribelli capirono che non potevano contrastarci nemmeno con le bombe.