…
Con la cicatrice in fiamme, Oscar puntò uno sguardo gelido, dritto negli occhi del malcapitato receptionist mentre gli strappava la cornetta di mano e la sbatteva nel suo alloggiamento. L’altro fece per protestare, ma Fantoni, con la mano destra gli strinse il cellulare fra le dita, trasformandone lo sguardo in una smorfia di dolore. Dopo avergli torto il braccio, facendogli mollare la presa sul cellulare, lo prese alla gola e lo trascinò al di qua del bancone. Poi sillabando, pronunciò le parole:
«Ascoltami, mezza sega, sono in viaggio da ieri sera per vedere i due corpi che hai qui in congelatore, per Diaz! Non ho più voglia di aspettare né di ascoltare le tue insulsaggini mentre ti ecciti al telefono e ti trastulli il pistolino. Apri quegli ibernatori e levati dalle palle.»
«Ma, io…»
«Tu andrai via di qua, stasera, felice, contento e con le tue gambe se apri adesso quei cosi. Se invece mi fai aspettare ancora, non te lo garantisco. Come ti chiami?»
«Luca.»
«Luca…» Oscar fece una pausa che sembrò eterna, «APRI. ADESSO.»
(Estratto dal capitolo 1 de “Il paese delle donne” di Ciro Iodice Napodano)