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Prima di lasciare il braccio della donna, Oscar si sincerò che il polso continuasse a battere; quel potente mix analgesico poteva causarle un collasso. Fu allora che nella biblioteca del Convitto K si materializzò una scena grottesca e inquietante.
Tutte le porte che davano sui corridoi del piano terra si aprirono all’unisono, rivelando una silenziosa folla di giovani donne, tutte sotto la trentina. Alcune erano poco più che bambine. Tutte erano in evidente stato di gravidanza, indossavano una sorta di tunica bianca ed erano profondamente impaurite. Cautamente, a piccoli passi, si fecero strada nella biblioteca, posando con evidente curiosità lo sguardo sbarrato sui libri negli scaffali, sui quadri alle pareti e sull’enorme tavolo da riunioni.

Sembrava la prima volta che veniva loro concesso di entrare in quella specie di malvagia cattedrale. Alla vista del vecchio tramortito e del sangue sul pavimento, qualcuna si coprì gli occhi con la mano. A qualcun’altra sfuggì un gridolino di disgusto. Le più grandi abbracciavano le più piccole facendosi coraggio. Nessuna pronunciava una parola, nessuna osava guardare le due vecchie dritto in faccia. Quando l’enorme sala si riempì di giovani gestanti, un’altra porta, rimasta chiusa fino a quel momento, si spalancò fragorosamente. Sulla soglia apparve una bellissima donna dai lunghi capelli biondi, fasciata in un abito di seta nero che lasciava scoperte le spalle e il décolleté. Indossava scarpe dal tacco alto e sottile il cui colore argenteo richiamava i riflessi del prezioso collier che le cingeva il collo. Era stata lei che, con forza insospettata, aveva divelto la serratura e spalancato la porta.
Oscar la squadrò da capo a piedi.
La bellezza di quella donna era abbagliante, il suo sguardo profondo e magnetico lo fece sentire nudo. Tutte le ragazze osservavano mute, i loro sguardi fissi su di lei, che avanzò nella sala guardando dritto negli occhi Oscar. Sembrava una sfida tra duellanti, ma lui non si lasciò intimidire. Quando fu a meno di un metro, la donna esclamò ad alta voce: «Ma cosa volevi fare, povero imbecille? Credi davvero di poterci fermare, di sconfiggerci?»
(Estratto dal capitolo 10 de “Il paese delle donne” di Ciro Iodice Napodano)